Dopo la conquista della città da parte di Roma, nell’88 a.C., Strabòne esclamò con ammirazione “AT TE CORFINIUM CIRCUMDATA VALIDIS MÙRIS”, riferendosi all’imponenza delle mura difensive, di cui oggi rimangono poche tracce. 

Nel I secolo a.C., i territori dei Pelìgni erano parte della IV Regio di Roma, e la guerra, conosciuta anche come “Màrsica” tra gli scrittori del tempo, divenne universalmente nota come Guerra “Sociale”. Una disputa combattuta tra Roma, in piena espansione, e i suoi più importanti alleati italici che rivendicavano il diritto di diventare cittadini romani.

Nel febbraio del 49 a.C., dopo aver attraversato il Rubicòne, Giulio Cesare decise di ignorare Roma e marciare rapidamente verso sud con l’obiettivo di raggiungere Pompèo. Tuttavia, il suo rivale riuscì a fuggire attraverso l’Adriatico diretto a Brindisi. Fu a Corfinium che Cesare ricevette il rinforzo dell’ottava legione e di 22 coorti reclutate nella Gallia Transalpìna. Qui sconfisse Lucio Domìzio Enobàrbo dopo un breve assedio. In questa occasione, Cesare proibì il saccheggio della città e, in un gesto sorprendente, restituì al nemico i sei milioni di sesterzi che Enobarbo aveva con sé per la remunerazione delle legioni. Questo atto mirava a dimostrare che il “suo disinteresse” non era “minore della sua clemenza”. La maggior parte degli assediati si unì ai ribelli, diffondendo nei giorni successivi la fama della “Clemenza di Corfinium”.